Nel cantiere di Giotto
Dal primo ponteggio alle tecniche pittoriche originali
Uno degli aspetti più affascinanti del confronto e dello studio ravvicinato di questi dipinti murali è stata la ricostruzione delle fasi operative del lavoro di Giotto attraverso i numerosi segni sull'intonaco e l'analisi dei materiali pittorici appartenenti alla fase originaria.
Per i restauratori è stato come tornare sui ponteggi con Giotto e i suoi collaboratori, arrivando a scoprire dettagli come le prove di colore utilizzate su alcune zone destinate a essere dipinte a secco: una serie di pennellate colorate per saggiare il cambiamento di tono prodotto dall’asciugatura dell'intonaco, che sarebbero poi scomparse alla vista con la stesura cromatica a secco e che ora si rivelano solo attraverso la perdita di queste campiture.
Innanzitutto è possibile precisare la costruzione dei palchi giotteschi, cioè la struttura lignea che fu utilizzata dai pittori e che consente di ripercorrere l’avanzamento del lavoro: osservando le serie delle buche pontaie individuate solo grazie alla termovisione (cioè l’esame mediante termocamera delle disomogeneità della struttura muraria) è evidente che il ponteggio di Giotto fu posizionato prima di tutto al livello della metà delle lunette, per poter dipingere la volta. Venne poi portato alla base di ogni scena, con le travi inserite nelle pareti, utilizzando poi trabiccoli di legno mobili per raggiungere le zone più alte di ogni livello, che veniva completato fino all’applicazione delle foglie metalliche (l’ultima fase di finitura) per poi passare alla zona inferiore.
Altre tracce del lavoro preliminare rivelano l’esistenza della sinopia (un disegno tracciato a pennello che prende il nome da una terra rossa proveniente da Sinope in Asia Minore). Giotto quindi tracciava l’abbozzo di ogni scena e su questo si decidevano le dimensioni delle giornate del tonachino, cioè dell'intonaco su cui i pittori avrebbero steso i colori. Le giornate sono più estese per gli sfondi, per lo più geometrici; risultano invece più piccole per le figure.
La tavolozza dei colori di Giotto è composta da pigmenti di origine naturale, come la terra gialla, rossa e verde, il bianco di calce, e altri colori fabbricati da officine specializzate per ottenere pigmenti con caratteristiche diverse, più vividi o più coprenti: il bianco di piombo, l’azzurro di rame (azzurrite), il cinabro. La tecnica, proprio per la presenza delle giornate, era quella per lo più dell'affresco, ma Giotto scelse alcune aree da dipingere a secco, cioè utilizzando un legante organico, molto probabilmente l'uovo, ad intonaco quasi asciutto.