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L'Orto di Francesco

L’Orto di san Francesco era un luogo di grande bellezza e spiritualità ed è oggi una chiara metafora di come il Santo leggeva il rapporto tra l’Uomo e la Natura.

Francesco chiedeva che l’orto fornisse vegetali per l’alimentazione ed erbe aromatiche e medicinali per la cura della comunità e che una parte fosse lasciata incolta, affinché la natura potesse fare il suo dono, libera di crescere, di fiorire e di scegliere. La zona incolta rappresentava un segno di fiducia nel dono del creato, dimostrando la volontà di dipendere dalla generosità di Dio piuttosto che dalla propria capacità di controllare e manipolare la terra. La necessità di preservare la natura originaria e rispettare il divenire appaiono oggi un inno alla biodiversità, un forte richiamo a limitare il nostro impatto sul mondo e lasciare che le leggi di natura si esprimano nella consapevolezza del nostro ruolo nel mondo, custodi e non dominatori.

L’orto come il bosco è anche “casa comune” e non solo proprietà privata. L’Orto di Francesco ci manda un forte messaggio di rispetto verso il pianeta e tutte le forme di vita che lo abitano. Ci invita a custodire dentro di noi una parte di orto non coltivata, non guidata dalle regole dell’efficienza e del risultato, ma aperta alla contemplazione e all’armonia. Ci richiama alla consapevolezza dell’interconnessione tra gli esseri umani e l’ambiente per una visione più armoniosa delle nostre interazioni con il mondo naturale.

Fonti francescane:

Il progetto presenta uno spazio coltivato come percorso spirituale e culturale all’interno del complesso monumentale di Santa Croce, un percorso che, in particolare, offre una visione del rapporto tra san Francesco e la natura, a partire da Cantico delle Creature, unito alla rievocazione degli orti in età medievale e di quali fossero gli ortaggi e le piante medicinali più coltivate in quelle epoche. Si è partiti dallo studio del vasto corpus delle Fonti Francescane, che raccolgono tutti i principali testi inerenti le origini del movimento francescano, per capire quali fossero gli elementi caratterizzanti l’orto di Francesco, come ad esempio la scelta di dedicare spazio sia ai vegetali da mangiare sia a quelli per curare, di lasciare una parte dell’orto incolta per dare libera crescita alle piante secondo la loro natura e per grazia e lode di Dio, come anche la scelta di non porre confini netti allo spazio, come rinuncia della proprietà privata e per l’accoglienza delle cosiddette “erbacce” che nel pensiero del Santo d’Assisi godono di pari dignità di quelle coltivate.

Per capire quali erano le caratteristiche degli orti in età medievale si è fatto riferimento al testo di Valafrido Strabone, monaco di Reichenau del IX secolo, Hortulus o Liber de cultura hortorum, una guida puntuale da cui si ricavano indicazioni su come organizzare gli spazi coltivati: ortaggi e fiori vanno disposti in aiuole quadrate o rettangolari, sopraelevate rispetto al livello del terreno, in forma di cassette di legno disposte a scacchiera.

Per la scelta delle specie di vegetali da coltivare nell’orto si è fatto riferimento alla letteratura medievale precedente di tipo agrologico e alimurgico (legata cioè alla pratica di nutrirsi di prodotti selvatici edibili), a partire dallo stesso testo di Strabone, per passare al Capitulare de villis, emanato da Carlo Magno alla fine dell’VIII secolo per regolare le attività rurali e le coltivazioni imposte nelle ville dell’Impero, con circa 70 specie di piante, per poi confrontare le specie citate con l’elenco di piante che compaiono nei testi di Ildegarda di Bingen o quelli della Schola Salernitana.

Per l’arredo botanico si sono scelti poi alberi e piante che facevano parte della vita del Santo e che sono desunte dalla lettura delle Fonti Francescane, come il prezzemolo richiesto dal Santo ai confratelli per attenuare i dolori allo stomaco, oppure piante più maestose che spesso sono legate ad eventi miracolosi e aneddoti della vita di Francesco.

Importante è stato anche l’apporto dell’iconografia antica degli orti che ricalca fedelmente le indicazioni largamente diffuse ed accettate di Strabone. Da quella più antica come la pianta dell’orto del monastero di San Gallo in Svizzera del IX secolo, con le sue aiuole rettangolari, a raffigurazioni anche più tarde tratte da codici miniati del XIV e XV secolo che sono state alla base dei rifacimenti degli orti monastici di molte abbazie europee, come gli orti famosi del priorato di Notre Dame d’Orsan.

Canapa, Ortica, Lino

Cannabis sativa L. Urtica dioica L., Linum usitatissimum L.

 Canapa, Ortica e Lino hanno una lunga storia di utilizzo nella produzione di tessuti e indumenti. Si collegano al saio di san Francesco, una veste semplice e povera, fatta di una stoffa grezza: “confeziona per sé una veste che riproduce l’immagine della croce; la fa ruvidissima e talmente povera e grossolana che il mondo non avrebbe mai potuto desiderarla”. Il saio spesso veniva realizzato con tessuti di lana o lino, che erano facili da reperire e da lavorare. Questi materiali erano apprezzati per la loro resistenza e durata, inoltre il naturale color terra richiamava la naturale veste dell’allodola, che con il suo piumaggio “dà l’esempio ai religiosi che non debbano avere abiti eleganti e fini ma di tinta smorta, come la terra.”

(Tratto da Raccolta Fonti Francescane, 356 e 1560).

Prato Fiorito

Il prato fiorito per san Francesco rappresenta la bellezza: “diceva che il frate ortolano doveva fare un bel giardinetto da qualche parte dell’orto, dove seminare e trapiantare ogni sorta di erbe odorose e di piante che producono bei fiori, affinché nel tempo della fioritura invitino tutti quelli che le guardano a lodare Dio, poiché ogni creatura dice e grida: Dio mi ha fatta per te, o uomo.”

(Tratto da Raccolta Fonti Francescane, 1623)