Un tesoro fotografico racconta il restauro di Cimabue
Centinaia di diapositive donate all’Opera di Santa Croce, documentano il complesso restauro di Cimabue dopo l’alluvione
Simbolo dell’alluvione di Firenze e straordinaria testimonianza di resilienza della città, il crocifisso di Cimabue fu sottoposto a più di dieci anni di restauro, a seguito del terribile evento che comportò la perdita di oltre il 70% della sua superficie pittorica.
Proprio quel lungo processo di recupero, che mise in campo competenze straordinarie e tecniche pioneristiche, è stato documentato fra il 1966 ed il 1976 da due fotografi, Paolo Mariani e Francesco Chimenti (scomparso pochi anni fa). Questa importante campagna fotografica ricostruisce puntualmente le fasi del restauro, come il lento processo di asciugatura del legno alla Limonaia di Palazzo Pitti (ambiente inizialmente designato per accogliere le prime opere alluvionate) fino al trasferimento del crocifisso alla Fortezza da Basso per ultimare le operazioni. I fotografi hanno documentato tutte le delicate procedure di recupero eseguite dagli esperti guidati da Umberto Baldini, allora direttore del laboratorio, come la tecnica del tratteggio ad astrazione cromatica che permette di colmare le superfici perdute dell’opera con un tessuto pittorico neutro e collegare le parti superstiti mediante stesure successive di colori coerenti con il contesto cromatico originale.
Oggi quel patrimonio fotografico, composto da 589 diapositive, è stato donato da Paolo Mariani e da Maria Grazia Sironi, moglie ed erede di Francesco Chimenti, consegnandolo nelle mani della Presidente dell’Opera di Santa Croce, Cristina Acidini. Il racconto per immagini di questo difficile intervento di salvaguardia sarà quindi digitalizzato e acquisito dall’archivio storico di Santa Croce con un progetto a cura di Eleonora Mazzocchi, conservatrice dell’Opera, e sarà quindi messo a disposizione della comunità scientifica.