Giotto
Avviso
Informiamo i visitatori che è in corso il restauro della cappella Bardi; le Storie di san Francesco affrescate da Giotto non saranno visibili per tutta la durata dell'intervento.
Autore: Giotto di Bondone (Colle di Vespignano, Mugello 1267 circa-Firenze 1337) e bottega
Titolo: Storie della vita di san Francesco d’Assisi
Parete sinistra: San Francesco rinuncia ai beni paterni; San Francesco appare al Capitolo di Arles durante una predica di sant’Antonio da Padova; Morte di san Francesco, la cui anima viene portata in cielo dagli angeli; Verifica delle Stimmate da parte dell’incredulo Girolamo
Parete di fondo: San Ludovico di Tolosa; Santa Chiara d’Assisi; Santa Elisabetta d’Ungheria
Parete destra: Approvazione della Regola francescana; San Francesco predica davanti al sultano (Prova del fuoco); San Francesco appare a frate Agostino e al vescovo Guido di Assisi
Volta: Obbedienza; Povertà; Castità; figura frammentaria; entro clipei su fondo azzurro stellato e fascia ornamentale a decorazioni geometriche
Archivolto: Otto busti di santi entro medaglioni mistilinei
Riquadro ad affresco sul transetto: San Francesco riceve le stimmate
Pennacchio a sinistra dell’arco della cappella Bardi: Adamo (?)
Pennacchio a destra dell’arco della cappella Bardi: Eva (?)
Arme della famiglia Bardi
Data: 1317-1325
Materia e tecnica: affresco
Collocazione: basilica di Santa Croce, transetto destro, cappella Bardi
Gli affreschi della cappella narrano fatti della vita di san Francesco secondo la Legenda maior di Bonaventura da Bagnoregio, che Giotto aveva già illustrato nella basilica superiore di Assisi. Come nella predicazione francescana, anche nella Bardi viene privilegiata la chiarezza delle scene per illustrare la biografia del santo, che si voleva comprensibile a tutti. Si voleva inoltre creare un parallelo fra Francesco e Cristo, a cominciare dalle Stimmate sulla parete sopra l’ingresso della cappella. All’interno la narrazione va letta orizzontalmente partendo da sinistra: alla Rinuncia ai beni segue, di fronte, l'Approvazione della Regola; all’Apparizione ad Arles, la Prova del fuoco; alla Morte, la prima apparizione post mortem.
La datazione si fonda su un dato certo: il ciclo è stato eseguito dopo il 1317, anno di canonizzazione di san Ludovico di Tolosa, che appare a lato della bifora, ma l’esecuzione è stata variamente collocata, tra l’altro, tra il 1317 e il 1321 o dopo il rientro da Napoli, verso il 1333.
Gli affreschi della Bardi, contrariamente ai murali della Peruzzi, devono essere visti dal centro della cappella, e Giotto concepisce le scene superiori tenendo conto della visione dal basso, come dimostra l’edificio in scorcio della Rinuncia. Rispetto a esperienze precedenti quali le navate di Assisi o gli Scrovegni a Padova, l’artista cambia il rapporto tra figura e ambiente, introducendo invenzioni che modificano la spazialità delle scene. Giotto supera inoltre la rigidità espressiva dominante all’epoca, indagando gli stati d’animo dei personaggi e studiando espressioni e gestualità: la rabbia del padre e le urla dei ragazzini afferrati per i capelli nella Rinuncia; la paura dei saraceni che temono il confronto con Francesco nella Prova del fuoco e la conseguente ira del sultano; il dolore e la tenerezza dei frati inginocchiati, l’incredulità dell’uomo che accerta le stimmate, la meraviglia del frate che guarda l’animula portata in cielo nella Morte.